Domanda: Come è nata “Bella Ciao”? Davvero era la canzone che cantavano i partigiani durante la guerra?

“Bella Ciao” è una delle canzoni più iconiche della musica italiana. La cantano ovunque, dal Sudamerica alla Cina, in Europa, negli Stati Uniti, ovunque ci sia un movimento di ribellione ecco che scatta “Bella Ciao”. Un po’ come il Che Guevara, le maschere di “V per Vendetta” o, più recentemente, la tuta rossa e la maschera di Dalì della serie tv “La Casa di Carta”. Non a caso, proprio, in “La Casa di Carta”, che è una produzione spagnola distribuita su Netflix c’è un passaggio in cui i protagonisti cantano la canzone dei partigiani.

LA PROPOSTA DEI POLITICI

Qualche tempo fa si è tornato a parlare di “Bella Ciao” per una proposta di legge di PD, LeU, Italia Viva e M5S che voleva istituire ufficialmente questa canzone dopo l’inno d’Italia ad ogni festa celebrativa del 25 aprile, giorno in cui si celebra la Liberazione: «Possiamo affermare con certezza che “Bella Ciao” non è espressione di una singola parte politica, ma che, al contrario, tutte le forze democratiche possono ugualmente riconoscersi negli ideali universali ai quali si ispira la canzone», scrive chi la propone.

Già, ma qual è la vera storia di “Bella Ciao”?

LA STORIA DI “BELLA CIAO” COME INNO DEI PARTIGIANI

Per il 99,9% (non diciamo 100% per lasciare il dubbio) delle persone “Bella Ciao” è una canzone dei partigiani della seconda Guerra Mondiale che si ribellavano ai Fascisti motivandosi anche con questa canzone. Per dire, anche per Ignazio La Russa (FdI), “Bella Ciao” «non è la canzone dei partigiani, ma solo dei partigiani comunisti». Quindi si dà per certo che “Bella Ciao” sia una canzone dei partigiani.

Il problema è che “Bella Ciao” non sembra per niente una canzone della vera Resistenza, quella dei partigiani che hanno combattuto per la libertà dell’Italia, ma più una canzone scritta postuma per sfruttare commercialmente la scia della liberazione. Sono molti gli storici che spiegano come la canzone fosse poco diffusa tra i partigiani nei tempi di guerra, diffondendosi invece nel dopoguerra.
C’è anche chi sostiene che in realtà la diffusione durante la guerra fosse praticamente zero perché non ci sono fonti antecedenti al 1953 dove emerga l’esistenza di un canto partigiano chiamato “Bella Ciao”. È quanto emerge da una ricostruzione di Luigi Morrone al “Corriere della Sera” a cui ha risposto, nei commenti, anche Cesare Bermani, lo storico che ha studiato a lungo la storia di “Bella Ciao”.

Ecco la cronologia dei primi passaggi conosciuti di “Bella Ciao”:

  • 1953: È la prima apparizione ufficiale della canzone. Arriva sulla rivista “La Lapa”.
  • 1964: È il Festival dei Due Mondi di Spoleto a consacrarla. Viene inserita all’interno dello spettacolo omonimo in cui si presenta Giovanna Dandini, una musicista ed ex mondina, che canta una versione di “Bella Ciao” in cui descrive una giornata di lavoro delle mondine. Secondo lei quella è la versione originale, a cui poi i partigiani avrebbero cambiato le parole.
    Un retroscena della storia, però, racconta che la Daffini aveva presentato la versione “mondina” della canzone a Gianni Bosio e Roberto Leydi dichiarando di averla sentita dalle mondine emiliane che andavano a lavorare nel vercellese. La versione viene presa per buona.
    Il fatto è che nel 1965, un tale Vasco Scansiani scrisse una lettera a “L’Unità” dichiarando di essere l’autore del testo cantato dalla Daffini e di avergliela consegnata nel 1951. Se così fosse allora la versione della Daffini non sarebbe reale.
  • 1955: “Bella Ciao” viene inserita per la prima volta in una raccolta, “Canzoni partigiane e democratiche” a cura della commissione giovanile del PSI.
  • 1957: “L’Unità” la inserisce in una raccolta dei canti partigiani il 25 aprile di quell’anno.
  • 1957: La canzone è inserita in “Canti della Libertà”, supplemento al volumetto “Patria Indifferente”, distribuito ai partecipanti al primo raduno nazionale dei partigiani a Roma.
  • 1960: Nella “Collana del Gallo Grande” è inseria come “O Bella ciao”. La fonte citata è la raccolta del 1955.
  • 1974: L’ex Carabiniere Rinaldo Salvatori scrive alle edizioni del Gallo per raccontare di aver scritto “Bella Ciao” negli anni ’30 ma di non averla potuta depositare alla SIAE perché diffidato dalla censura fascista.

NON CI SONO TRACCE PRIMA DEl 1953

  • NO BRIGATA MAIELLA: Da più parti (Wikipedia compresa) si dice che “Bella ciao” fosse l’inno della Brigata Maiella ma nel libro autobiografico di Nicola Troilo, figlio di Ettore, fondatore della brigata, si citano molte canzoni tranne “Bella Ciao”. In compenso si sa che Donato Ricchiuti, componente della Brigata, compose l’inno “Inno della lince”.
  • NON C’È NEL “CANTA PARTIGIANO” (1945): Edito da Panfilo.
  • NON C’È NELLA RIVISTA “FOLKLORE” (1946): Due numeri furono dedicati ai canti partigiani.
  • NON C’È NELLA RASSEGNA “CANZONI MONDIALI PER LA GIOVENTÙ E PER LA PACE” DI PRAGA (1947): Questo è uno dei passaggi che viene spesso citato dagli storici, tra cui Carlo Pestelli, secondo cui “Bella ciao” emerse fra le tante e s’impose al centro dell’attenzione. Morrone però spiega che non ci sono fonti a testimoniarlo, anzi, in un articolo de “L’Unità” del 26 luglio 1947 intitolato “La Capitale della gioventù” non si parla mai di “Bella ciao”.
  • NON C’È NEL “CANZONIERE ITALIANO” DI PASOLINI (1955): All’interno c’è una sezione dedicata ai canti partigiani.
  • NON C’È NELL’AGIOGRAFIA DELLA GUERRA PARTIGIANA DI ROBERTO BATTAGLIA (1953 e 1964)
  • NON C’È NELLA RACCOLTA “CANTI POLITICI” (1962): Qui ci sono 62 canti partigiani, non “Bella Ciao”.
  • NON C’È NELLA “STORIA DELLA RESISTENZA REGGIANA” (1995): All’articolo di Morrone, ha risposto Cesare Bermani secondo cui «era stata cantata durante la Repubblica di Montefiorino, tra le formazioni anarchiche sui monti Apuani, in Abruzzo nella Brigata Maiella, mentre in Lombardia e Piemonte era poco conosciuta e solo nell’ultimissimo periodo della Resistenza». Morrone gli ha risposto ribadendo che non ci sono fonti ufficiali ma solo testimonianze raccolte e che, anzi, c’è un libro di Guerrino Franzini curato dall’ANPI di Reggio Emilia, sulla resistenza nel raggiano, dove sono elencati i canti partigiani tra cui non appare “Bella Ciao”

LA MELODIA

Quindi, non si sa chi abbia scritto il testo di “Bella Ciao”, ma si sa chi ha scritto la melodia che deriva da un 78 giri del fisarmonicista tzigano Mishka Ziganoff del 1919.

UNA CANZONE SIMBOLO

“Bella ciao” è stata scritta durante la guerra e ha dato la carica ai partigiani per combattere il fascismo e il nazismo? È stata scritta dopo? È importante? Il mito, qualsiasi mito, è importante per il messaggio e l’emozione che comporta. Ci interessa sapere la quotidianità e tutto tutto tutto ciò che facevano personaggi come Gesù, Buddha, Marthin Luther King o altri personaggi che ancora ispirano milioni di persone? Sono importanti i loro insegnamenti, le loro parole, le loro azioni, certo, ma conta soprattutto ciò che quelle parole e quelle azioni stimolano in noi, il modo in cui le facciamo nostre, in cui guidano le nostre vite. Possiamo anche non essere d’accordo sule virgole, ma è il messaggio principale che conta. E la versione di oggi di “Bella ciao” parla di resistere contro un nemico oppressore che ci vuole sottomettere.

 

© Riproduzione riservata.

Foto: carlito53 (Pixabay)